Affaritaliani.it 29 Aprile 2013 Stampa
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Mercoledì 19 Giugno 2013 09:54

Il prete in rete sceglie la poesia. “Via da Fb,si perde il link con Dio”

L'INTERVISTA. Don internet, così è stato soprannominato dai fedeli padre Fabrizio Centofanti di San Carlo da Sezze, sceglie affaritaliani.it per raccontare la sua avvenuta di internauta della letteratura: “Tutto parte da un blog personale che diventa occasione di crescita e di dialogo tra persone in ricerca. Gesù dice ai discepoli di gettare la rete con fiducia: così ho fatto io, convinto che tra i ponti da lanciare verso l'altro quello del web non andasse assolutamente sottovalutato”. E sulla povertà... “Bisogna sporcarsi le mani, compromettersi, accettare che la vita è prima di tutto fare i conti col problema della sopravvivenza"

Lunedì, 29 aprile 2013 - 09:40:00

di Patrizio J. Macci

Un sacerdote laureato in lettere che dirige una parrocchia che è un fortino nella periferia romana, e appena ha uno spiraglio nelle sue giornate infinite di tempo rivolto al prossimo anima un blog dove si parla di libri e di cultura. Nel suo profilo di facebook ha una foto di presentazione "pasoliniana" in bianco e nero, con i capelli ribelli e lo sguardo altrove.
Sembra un ragazzo che ha appena terminato una partita di calcio in un campetto sterrato nella polverosa periferia romana, oppure il protagonista di un gangster movie con Tomas Milian alias "er Monnezza", dove lui è il poliziotto buono in prima linea che consuma le strade con le suole delle scarpe, sempre in prima linea contro il crimine. Si chiama Don Fabrizio Centofanti ed è il parroco di S. Carlo da Sezze. Tra il verde dei quartieri residenziali dell'Axa e Casal Palocco c'è una striscia di terra che trent'anni fa era ai confini della realtà, anzi hic sunt leones. Ora ci sono case, villette e palazzi. Il parroco era Don Mario Torregrossa passato alle cronache per l'attentato incendiario che lo sfigurò nel 1996. Don Fabrizio ha raccolto la sua eredità, ma appena può sfodera il suo iPad e anima il blog "la poesia e lo spirito" dove polemizza con scrittori, editori e addetti ai lavori. I fedeli lo chiamano "don Internet" oppure "Il prete con l'iPad". Abbiamo faticato non poco per farci ricevere, quando è in parrocchia c'è letteralmente la fila per parlare con lui.
Lei è autore ha scritto diversi volumi di argomento letterario, anima un blog dove discute con "normalisti" e scrittori. Ma che razza di prete è? Come fa a coniugare in ministero sacerdotale con la letteratura e la rete?
"L'incontro con la rete nasce dall'incrocio tra un desiderio intenso di comunicazione - il carisma del prete - e l'amore per la poesia. Tutto parte da un blog personale che diventa occasione di crescita e di dialogo tra persone in ricerca. Gesù dice ai discepoli di gettare la rete con fiducia: così ho fatto io, convinto che tra i ponti da lanciare verso l'altro quello del web non andasse assolutamente sottovalutato. Il vangelo di Giovanni parla del Logos che si dona: il modello cui mi sono ispirato è precisamente il dia-Logos, un passarsi l'un l'altro il filo del senso della vita, che può essere compreso solo nella condivisione. La mia vocazione scaturisce dall'intuizione che tutto ciò che avevo ricevuto avrei voluto trasmetterlo a mia volta: questa è stata, per me, la chiamata, il link al Regno dei cieli".

don fabrizio centofanti

Ci parla del suo blog "La poesia e lo spirito"?
"La poesia e lo spirito, la bellezza si manifesta solo nella profondità e nell'intensità dei rapporti. All'inizio mi dicevano che quel titolo non avrebbe avuto mai successo, e invece è diventato un brand che ricorda ogni volta la verità della scrittura, che deve attingere a una qualità presente solo nel profondo. Da blog personale, Lpels si è trasformato in blog collettivo - trentacinque redattori -, un gruppo eterogeneo per idee e visioni del mondo, a dimostrare che la verità emerge solo da una pluralità di sguardo, cioè da un'attitudine comunitaria. Molti blog sono segnati da una rigida impostazione ideologica: nel nostro si respira un'aria ecumenica che arricchisce ogni intervento e ogni contributo. I collaboratori sono esperti di letteratura referenziati, i numeri cominciano a essere assai interessanti. Gli accessi sono in ascesa continua".
Qual è il suo rapporto con internet?
"Per quanto riguarda il mio rapporto attuale con la rete, ho messo in atto un drastico sfrondamento di presenze. Prima ero attivo sui più importanti social network; poi mi sono reso conto che questo eccesso toglieva troppo tempo alla preghiera e alle relazioni dal vivo. Se si perde il link con Dio, tutti gli altri risultano fasulli".
La parrocchia dove opera S. Carlo da Sezze è nel quadrante sud ovest di Roma, tra l'Axa ed Acilia. Come sta vivendo la periferia questo momento di crisi economica? Abbiamo visto parecchie persone che "fanno la fila" per essere ricevuti nella vostra struttura. Cosa chiedono?
"A proposito di vita vissuta, come prete di periferia assisto al dramma di famiglie falcidiate economicamente dalla crisi. Noi cerchiamo di aiutare in tutti i modi possibili: le parole, di fronte a chi rimane senza cena, servono a poco. Bisogna sporcarsi le mani, compromettersi, accettare che la vita è prima di tutto fare i conti col problema della sopravvivenza. Solo dopo aver risolto i bisogni elementari si può lanciare un messaggio verbale, che dia un senso a un livello più alto. Quando Gesù dichiara beati i poveri, lo fa pensando a una comunità che si prende cura di loro. Fare rete, in questo senso, ha un significato impegnativo ed esaltante nello stesso tempo".

Lei ha raccolto l'eredità di un sacerdote che è già un mito: Don Mario Torreggrossa vittima di un attentato incendiario nel 1996 che lo sfigurò condannandolo a un'esistenza in tutto e per tutto uguale a una via crucis. Quale eredità le ha lasciato?
"Don Mario ci ha lasciato, in questa linea, un'eredità enorme, che abbiamo il dovere e il privilegio di portare avanti. I suoi campi di battaglia sono stati la promozione dei poveri e la crescita dei giovani. Ha lasciato una scia di santità che ancora e sempre più dá frutti di comunione e solidarietà. Ci ha lasciato, insomma, uno spirito che io provo a trasmettere anche sotto forma di poesia.

Perché, come ha intuito Dostoevskij, la bellezza può rovesciare il mondo: è il sottotitolo del blog e un programma che attira e trascina chi crede che nel mondo ci sia ancora spazio per il buono. Il bello e il vero".