Osservatore Romano - 27/11/2000 - Una comunità attenta a giovani e bisognosi Stampa
Valutazione attuale: / 0
ScarsoOttimo 
Lunedì 27 Novembre 2000 00:00

“Apri la Porta a Cristo Tuo Salvatore”. Tali parole, incise sulla Croce di legno portata in processione attraverso la Porta Santa della Basilica Liberiana, hanno accompagnato il cammino spirituale di circa 500 persone appartenenti alla Chiesa San Carlo da Sezze. Come testimoniano le parole del parroco, Mons. Mario Torregrossa, l’attenzione costante nei confronti delle realtà più disagiate, è l’attività che coinvolge in maggiore misura i membri della comunità che, nella mattinata di sabato 25 novembre, si sono ritrovati nel Santuario Mariano per vivere insieme uno dei momenti dedicati alla celebrazione dell’Anno Santo. Il corpo del sacerdote riporta i segni del grave attentato di cui fu vittima nel novembre del 1996, ma il suo cuore generoso mostra un grande amore per i parrocchiani che, anche nella giornata di Sabato, lo hanno affettuosamente circondato. “La nostra comunità, essendo collocata in un quartiere nuovo, si trova a vivere un processo di trasformazione – ha spiegato don Mario – . Il messaggio, che vuole invitarla a rivolgere l’attenzione ai poveri, però, è stato accolto con grande partecipazione da parte di tutti i suoi membri. Noi ci dedichiamo alla cura delle famiglie bisognose della zona, provvedendo alla distribuzione di indumenti e di 250 pacchi-viveri settimanali finanziati con i contributi dei parrocchiani stessi. Il sostegno materiale, però, è accompagnato da quello di tipo spirituale. Proprio per questo cerchiamo di coinvolgere le persone assistite alla Santa Messa ed al Gruppo del Vangelo”. Il Centro di Ascolto è un’altra iniziativa di cui la parrocchia di San Carlo da Sezze si è resa promotrice. “Ad esso si rivolgono coloro che hanno bisogno di individuare una valvola di sfogo, di parlare dei loro problemi o di chiedere aiuto per la ricerca di un lavoro”, ha spiegato don Mario. “Ed è un punto di riferimento per quanti svolgono assistenza familiare nel caso in cui vogliano segnalare situazioni difficili. La distribuzione degli alimenti, degli indumenti, e l’attivazione del Centro di Ascolto sono iniziative che vengono suddivise tra il Lunedì, il Martedì ed il Mercoledì. Gli altri giorni della settimana sono invece dedicati alla preparazione di tutto questo. Ma non ci siamo dimenticati della realtà giovanile, provvedendo alla creazione di un Centro di Formazione intitolato alla madonna di Loreto – ha proseguito il sacerdote –. Il nostro obiettivo è quello di seguire i ragazzi nella loro preparazione personale.” Nel frattempo, i 500 fedeli della parrocchia romana, riconoscibili dall’inconfondibile sacca blu distribuita ai pellegrini della Giornata Mondiale della Gioventù, hanno fatto il loro ingresso nel Santuario mariano. “Abbiamo voluto utilizzare tale borsa come segno di identificazione per questa giornata perché la GMG è stata l’esperienza dell’Anno Santo che ci ha maggiormente arricchito – ha spiegato don Mario –. L’evento, seppur faticoso, ha fortemente coinvolto l’intera comunità.”

(...) Nel corso dell’omelia, Mons. Mario Torregrossa ha rivolto ai fedeli tali parole: “Nell’esperienza di oggi desideravamo ardentemente realizzare due cose. La prima era quella di essere qui, nel santuario di Santa Maria Maggiore, nel tempio dedicato alla Vergine, per compiere un atto di amore e di ringraziamento che coinvolgesse tutta la nostra chiesa, generata proprio dalla Madonna. La nostra storia, infatti, nasce dal Santuario di Loreto. Nel momento conclusivo del nostro Giubileo, dunque, desideriamo essere rigenerati da Maria per continuare la nostra storia con spirito nuovo, per essere una chiesa che sappia vivere la carità e possa essere segno di fede e di speranza. Il nostro secondo desiderio è quello di testimoniare la fede nella Regalità di Cristo. Per la nostra Chiesa, infatti, quella di cristo Re è sempre stata una delle feste più importanti dell’anno. La Regalità di Cristo è un fatto spirituale e non trionfalistico, ma sentivamo il bisogno di mostrarlo. E noi sappiamo che il regno di Dio, pur non essendo di questo mondo, comincia nel cuore di ogni uomo. La speranza, dunque, è quella di uscire trasformati da questa celebrazione ed animati da un impegno di carità. Io spero che il futuro della nostra chiesa sia caratterizzato dall’essere un baluardo nello spirito di servizio, tramite il quale si realizza il regno di Dio.” L’aspirazione della comunità parrocchiale è quella di mostrarsi al prossimo come realtà dove i singoli siano di segno di fede, di speranza e di carità. È quanto ha affermato don Mario, proseguendo nella sua omelia. “Se arriveremo a questo, potremo dire che il Giubileo non è passato invano nella nostra Chiesa. Vorremmo che questa celebrazione possa essere la base di un impegno futuro finalizzato a far vivere Cristo fra noi, con tutta la bellezza che può portare e per far capire che anche nel mondo di oggi c’è un motivo di speranza”.


(di Simona Rubeis)