Home Rassegna stampa Stampa nazionale Repubblica - 26/11/1996 - Conosco e perdono chi mi ha dato fuoco
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' CONOSCO E PERDONO CHI MI HA DATO FUOCO'

Repubblica — 26 novembre 1996   pagina 20   sezione: CRONACA

ROMA - "Perdono il mio aggressore dal profondo del cuore", ha bisbigliato ieri don Mario Torregrossa all' orecchio del suo viceparroco, don Fabrizio Centofanti, che era andato a trovarlo in ospedale dopo l' attentato di Acilia. Rimangono gravi le condizioni del parroco della chiesa di San Carlo da Sezze, ricoverato al Sant' Eugenio con ustioni di secondo e terzo grado sul 40 per cento del corpo. Domenica mattina alle 7,30, mentre stava pregando da solo, un uomo, tuttora ricercato dai carabinieri di Ostia, si è avvicinato e gli ha rovesciato addosso una lattina piena di benzina, poi ha appiccato il fuoco con un cerino. A PADRE Germano, il cappellano dei grandi ustionati del Sant' Eugenio, il parroco di Acilia ieri ha raccontato di nuovo il film della sua brutta domenica: "E' stato terribile - ha detto - Ho visto quel giovane venire di corsa verso il tabernacolo con una giacca di renna, i jeans e una sciarpa sul viso. Ha fatto tutto in fretta, senza dire una parola. Poi è fuggito". E' l' identica ricostruzione fornita al capitano dei carabinieri Francesco Ferace, ma i parrocchiani che lo conoscono bene scommettono che don Mario anche stavolta abbia scelto di salvare una pecorella smarrita del suo gregge, fatto di drogati, poveri e barboni, tacendone il nome agli inquirenti pur conoscendolo bene. "Pregate per alcuni casi disperati", ha detto ieri sera don Mario, molto allusivo, al suo viceparroco Fabrizio prima che questi lasciasse l' ospedale. Era un messaggio in codice. Il pubblico ministero Davide Iori, che coordina le indagini, ha intanto fatto sapere che l' autore del folle gesto di domenica verrà perseguito per il reato di tentato omicidio. S' indaga per ora soprattutto nel mondo degli spacciatori di droga, nemici dichiarati del sacerdote, che in questi anni ha salvato decine di ragazzi dall' eroina nella periferia sud della Capitale. "La nostra missione deve comunque andare avanti", ha ripetuto instancabile il prete di Acilia dal suo lettino numero 9 e dalle sue bende al viceparroco Fabrizio, che intanto pregava e prendeva nota. Così anche ieri, come tutti i lunedì, si è svolta regolarmente la distribuzione dei pacchi-viveri ai poveri della borgata. Ce n' erano oltre 200 in fila a ritirare ciascuno la propria sporta piena di zucchero, pasta, caffè e verdure. Il 10 per cento delle offerte dei fedeli viene impiegato dalla parrocchia per assistere i più deboli. La gente che da due giorni sosta in attesa di notizie davanti alla porta del centro Grandi Ustionati del Sant' Eugenio, al decimo piano, va molto fiera del suo prete-coraggio e racconta le durezze di questa vita in trincea. Don Mario Torregrossa era ben allenato a lottare contro nemici più grandi di lui: così quando domenica il suo giubbetto ha preso fuoco, è riuscito a sfilarselo e malgrado il dolore fortissimo è uscito correndo dalla chiesa, ha raggiunto la canonica ed ha chiamato aiuto. Ma prima di partire diretti per l' ospedale, ancora fumante e col viso cosparso di piaghe, senza batter ciglio si è raccomandato al viceparroco: "Porta con te le chiavi della chiesa". E' uno che non si arrende, insomma, e ieri ha pure ritrovato un po' d' appetito. Ha mangiato una pastina in brodo, poi si è assopito per qualche ora. I medici dicono che se tutto andrà bene, tra due mesi potrà essere dichiarato fuori pericolo. Ha già avuto un ictus e soffre di diabete: il quadro clinico non è incoraggiante. Ha bisogno di sei donatori al giorno per una settimana e ieri perfino i suoi concittadini di Taormina hanno chiamato dalla Sicilia per offrire il sangue. "Pregate per me, ricordatevi di me", ha sussurrato don Mario al fratello gemello e alle due sorelle che lo son venute a trovare. In mezzo a quella gente addolorata ieri c' erano anche il vescovo Clemente Riva e il deputato del Ccd, Mario Baccini, eletto l' ultima volta nel collegio XVII, che comprende la parrocchia di San Carlo. Il deputato ha spiegato che era lì senza secondi fini: solo per rendere omaggio a un prete in gamba. Solo a Riva è stato però concesso di vederlo. Hanno pregato insieme e don Mario alla fine gli ha detto: "Spero che il mio amore venga compreso fino in fondo. Perdono quell' uomo, che Dio l' assista". - di FABRIZIO CACCIA