La Gazzetta di Casal Palocco - 06/09 n.349 - Stampa
Valutazione attuale: / 0
ScarsoOttimo 
Martedì 19 Maggio 2009 14:05

Tante persone e ragazzi del Centro di formazione giovanile Madonna di Loreto hanno voluto essere presenti il 5 maggio nella chiesa di San Carlo da Sezze alla Madonnetta, per ricordare don Mario Torregrossa, nel giorno in cui avrebbe compiuto 65 anni.
"Un santo sacerdote che lascia una grande eredità di fede, speranza e carità", lo aveva definito a gennaio il cardinale vicario Agostino Vallini durante il rito funebre, ricordandone le catechesi (che verranno pubblicate il prossimo dicembre) ma anche il suo impegno per i poveri e per i giovani del Centro di formazione, da lui fondato nel nostro quartiere.
In qualità di ex giovane del Centro, ora inserita nella comunità di animazione dello stesso, vi ricordo un nuovo appuntamento in memoria di Don Mario: il prossimo 14 giugno, per la Festa del suo Centro, mentre a lui indirizzo questa lettera che ho scritto il 30 dicembre, giorno in cui ci ha lasciato.


Caro Domma,
oggi sei andato in cielo, nella Gloria di Dio per il quale hai speso la tua vita e che ora ti appartiene totalmente, facendoti gustare “faccia a faccia” quelle cose che “occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo”.
Eppure questo per me è un giorno“sospeso in aria”, fatto di vuoto, di dolore, di solitudine, di riflessione che mi porta a cercarti in fondo al cuore, per ritrovarti nei ricordi che ci legano. In questo mistero silenzioso vedo pezzi di vita vissuta ridestarsi come da un lungo sonno…
Eccomi, poco più che ventenne, aspettare la metropolitana per raggiungere il centro di Roma, ma in realtà – dietro le porte del vagone che mi si spalancarono davanti – ad aspettarmi c’era la proposta di entrare a far parte di un Centro con la C maiuscola, immaginato da te per i giovani.
Ricordo ancora il tuo sguardo che mi scruta dentro. Non hai solo occhi che vedono; hai occhi che fanno vedere: occhi che non giudicano e non cercano affatto di convertirti, perché quello può essere il frutto soltanto di una libera scelta.
Frequentavo già l’ambiente del Centro giovanile, ma quello è stato il momento del “vieni e seguimi”: è in quel giorno che mi hai detto di provare ad inserirmi stabilmente in un gruppo.
Chissà se prevedevi già le cose che avrei contribuito a realizzare: il tanto atteso giornale Mondo Nuovo, il sito internet del Centro, l’esperienza del cineforum, quella del laboratorio teatrale consolidatosi nella Compagnia degli Oroextrafino, il primo corso di informatica, l’avvio della Biblioteca Casa della Pace che sarebbe poi arrivata ad ottenere dal Comune di Roma il riconoscimento come biblioteca di interesse locale… Avevi la capacità di vedere oltre. Oltre le apparenze, che invece il mondo guarda; oltre i limiti di ciascuno di noi; oltre gli ostacoli – tanti – incontrati sul tuo cammino, fino all’incontro con il fuoco e con quella che sarebbe stata la tua croce: l’impossibilità di camminare se non con la carrozzina elettrica. Ma proprio in questa tua nuova condizione, accolta ed offerta con amore, hai dato ancora più frutto. Come Simone lo Stilita, stando su una colonna, aveva attirato ad ascoltarlo folle da tutte le parti del mondo, così tu – stando nella cappella del Rosario in fondo alla chiesa, hai prestato ascolto, ridato fiducia nella vita e riconciliato con se stessi e con il Padre i membri di un’intera comunità.
Con te, o meglio attraverso di te, tanti giovani hanno compreso i valori fondamentali dell’essere Persona e chi erano veramente, cioè la loro intima vocazione. Ne hai sondato l’animo, precorrendo anche i tempi nell’avviare per loro una pastorale giovanile. Sei stato un grande esploratore, che si è spinto là dove nessuno era ancora arrivato con la necessaria attenzione: nei meandri misteriosi dell’adolescenza. E, alla fine, di quante giovani famiglie ti sei trovato circondato! Ma si sa che il granello di senapa cresce e diventa un albero tra i cui rami si riparano gli uccelli.
Adesso, fisicamente, manchi a tutti noi, ma con lo spirito sei presente nei cuori e nelle case di ognuno. L’abbandono di una persona cara è sempre traumatico: rimane un vuoto indescrivibile, ma anche nel commiato sei stato speciale: ci hai risparmiato l’amarezza di non poterti salutare. Hai fatto entrare nel reparto di terapia intensiva tutti quelli che accorrevano per avere tue notizie, nonostante il tuo quadro clinico richiedesse tanto riposo. Del resto, il tuo cuore affaticato ed efficiente soltanto per il 10%, non ti aveva impedito di presiedere in chiesa per tutta la novena di Natale fino alla consegna dell’ultimo bambinello. Vano ogni tentativo di mandarti a riposare: sapevi fino in fondo che il chicco di grano deve morire per portare frutto. E forse, dentro di te, sapevi anche che ci stavi per dire “A Dio”.
Strana coincidenza, ci hai salutati per sempre il giorno di S.Eugenio, quasi a ricordarci il nome del giovane senzatetto morto assiderato in un campo del nostro quartiere; vicenda che ti aveva spinto a darti da fare per realizzare un dormitorio per quegli amici più poveri e senza fissa dimora.
Sono loro la tua eredità e a loro continuiamo a provvedere, sapendo che se un povero bussa ancora alla porta, è segno che il Signore vuol farsi trovare. Ecco il perché della grande attenzione, attributo della carità (come tu ci hai insegnato), che i tuoi giovani hanno messo nell’allestire, nei locali del Centro, il pranzo di Pasqua per 200 amici bisognosi.
Caro Domma,
mi auguro sinceramente che un giorno non lontano tu veda debitamente riconosciuti i tuoi meriti per tutto ciò che hai realizzato e per come lo hai fatto. Ma forse non sarai neanche così contento di stare alla ribalta, visto che talvolta non hai accettato le interviste in Tv perché non volevi apparire ad ogni costo.
Fino a quel giorno, questo è il mio omaggio al lavoro di una vita, la tua. Mi auguro che possa portare nella storia personale di ciascun lettore la stessa gioia che, negli anni, hai saputo infondere in così tanti animi, sin dal giorno in cui – oltre 30 anni or sono - hai iniziato ad insegnare alle persone a credere, sperare ed amare. A nome di tutte loro sento di dirti: “Grazie, Domma!”

 

Margherita De Donato