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omelia don Paolo Ricciardi Stampa E-mail

26/04/2015

È tradizione, nella prima Messa di un nuovo sacerdote, che sia un altro a tenere l’omelia. A me, che sono forse uno degli ultimi sacerdoti ad averti conosciuto, carissimo Giovanni, hai affidato il compito di dire qualcosa in questa occasione così solenne e allo stesso tempo così familiare. E di questo con tanto affetto ti ringrazio.

Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre: Con questa splendide parole del salmo 117, voglio lodare con voi il Signore, carissimi amici, in questo giorno in cui tutti siamo vicini a don Giovanni nel giorno della sua Ordinazione. Ora lui è in mezzo a noi a presiedere la sua prima Eucaristia ed “Eucaristia” significa “rendimento di grazie”. Lasciatemi allora provare a dare voce alle vostre voci, con semplicità di cuore.

 

Rendete grazie al Signore voi genitori e con voi tutta la vostra famiglia – perché vostro figlio, nipote, fratello ora è “un altro Cristo”, impregnato di Lui, ma sempre vostro figlio e sarà sacerdote con i tratti umani che voi gli avete trasmesso. Ora è fratello universale di tutti e, “figlio”, sarà chiamato “padre” anche da chi gli può essere bisnonno.

Rendi grazie, comunità parrocchiale della Madonna del Rosario, in Sicilia, perché il Signore ha volto il suo sguardo su un tuo bambino, chierichetto, animatore, catechista. Ora lui è qui: è uscito dalla tua terra per far entrare gli uomini nella terra di Dio.

Rendete grazie, amici di Giovanni di antica o di recente data: perché un vostro amico è prete: non ha sprecato la sua vita – come crede il mondo -, non ha buttato via la sua giovinezza, ma l’ha data al Signore per il bene dell’umanità. Avete un amico scelto da Dio non perché è il più intelligente, il migliore, il più simpatico, non perché è un sociologo, un filosofo… No, tutto questo passa. Ma perché Dio lo ha voluto ministro, servo, uomo dell’ultimo posto… perché il nostro Dio è “fantasioso”, capace di far risplendere nelle mani degli uomini le sue cose più belle. E cosa c’è di più bello di trasmettere la fede, la vita, la gioia? Cosa di più bello per una vita che donarla, per amore?

E voi, parrocchia della B. Teresa di Calcutta, contemplate ciò che il Signore ha operato con voi e ringraziatelo con tutta la voce, insieme al vostro carissimo don Fabio. Da quel poco che sappiamo e che vediamo – noi che veniamo da fuori – siete una comunità viva, dove la chiesa ancor prima di essere di mattoni o di cemento, è fatta di persone generose, pronte a donare il Vangelo. Giovanni qui ha respirato tutto questo ed ora lo trasmette a tutti noi.

Sono molti a dire “grazie” oggi, ma molti di più ringrazieranno Dio tramite te, Giovanni, da ora in poi, se con la tua vita ci indicherai Gesù: in nessun altro c’è salvezza! Nel suo Nome, non nel tuo, centinaia e centinaia di persone, cominciando dalla comunità di S. Silvia dove vivrai i primi anni di sacerdozio, sperimenteranno la salvezza, se tu sarai un pastore secondo il Suo cuore, aiutandoci a riconoscere non la tua voce, ma la voce di Dio.

Renderanno grazie tutti coloro che servirai, con umiltà, con fedeltà, con freschezza, se conoscerai una per una le pecore affidate, gioendo con chi gioisce e piangendo con chi piange, senza cadere nel rischio dell’abitudine, del “fare le cose perché si devono fare”, nella tentazione del mercenario che scappa davanti ai tanti lupi di oggi.

Renderanno grazie se sarai capace, quando la gente si accosterà a te, in ginocchio, per chiedere il perdono, a metterti tu in ginocchio davanti a loro, a chinarti sulle ferite dell’umanità, per curarle, come il Buon Samaritano, con l’olio della consolazione e il vino della speranza. Renderanno grazie se scegli la parte del servo, non di quello che viene servito. Renderanno grazie se sarai apostolo di Misericordia, in questo mondo di indifferenza. Di Misericordia sia pieno non solo il Giubileo con cui inizierai il tuo ministero, ma ogni giorno della tua vita. Non aver paura di essere misericordioso, anzi, spargi a piene mani misericordia, perdono, perché “bontà e tenerezza è il Signore”.

Renderanno grazie se sarai uomo di comunione, pronto a lavorare per “un solo gregge e un solo pastore”, ad unire e mai a dividere, in un mondo sempre più malato d’individualismo; se sarai “prete in uscita”, non aspettando che gli altri vengano a cercarti, ma andando tu a cercare, evitando il rischio – a volte anche dei preti – della comodità, della rigidità, della formalità, per camminare invece nei sentieri del cuore della gente, delle famiglie, dei giovani, sentieri che a volte si fanno complicati, che a volte diventano “valli oscure”, dove è difficile capirci qualcosa, se non affidandoci e affidandoli a Dio.

Renderanno grazie se sarai crocifisso con il Crocifisso, “mangiato” come “il Pane della Vita” che tra poco ci donerai grazie alle tue mani consacrate. Se avrai mani pronte solo a donare, mai a prendere. E a volte ti sentirai scartato, messo da parte, incompreso, deluso – perché anche noi preti conserviamo tutta la nostra umanità – ma allora ti unirai più profondamente alla Pietra scartata dai costruttori, che diviene la Pietra d’angolo.

Sì, anche quando noi sacerdoti diciamo cose stupende, toccanti… o compiamo cose grandi, avvertiamo tutto il peso della nostra umanità povera e fragile. Dio non ha scelto degli Angeli per farne dei preti, come non ha scelto gli uomini migliori per farne Apostoli. Anche noi ci inginocchiamo davanti ad un confratello per confessarci e per avvertire tutta la gioia del perdono. Per questo siamo più credibili…

Vorrei ora che questo grazie sia anche e soprattutto per il Seminario Romano, dove generazioni di sacerdoti della nostra diocesi hanno imparato a declinare il proprio ministero alla “voce” Fiducia. Tu, Giovanni, sai cosa si nasconde dietro quella parola e quello sguardo. Sai cosa significa andare alla ricerca della fiducia, e non solo perché hai scoperto un giorno un’antica immagine della Madonna amata da noi alunni ed ex alunni.

Ti auguriamo di scoprire la Fiducia e di infonderla in ogni bambino che nel battesimo renderai “realmente figlio di Dio”; in ogni casa in cui entrerai, per visitare una famiglia o confortare un malato, in ogni giovane che ti verrà affidato e in ogni povero che ascolterai; di essere profondamente “uomo in mezzo agli uomini” portando loro Dio. Così “vivrai per Lui e lo servirà la tua discendenza”, i figli che nello spirito sarai chiamato a generare.

Madre Teresa, rivolgendosi ai seminaristi un giorno disse: “Fate come Maria, quando diventerete sacerdoti. Con Lei, andate in fretta a donare Gesù agli altri, ricordando che non potrete donare ciò che non avrete. Per poter donare, avete bisogno di vivere quell’unicità con Cristo, e Lui è lì nel Tabernacolo. Sia per voi il primo pensiero al mattino, che Gesù è il centro della vostra vita. Durante il giorno, imparate a pregare le opere; operate con Gesù, operate per Gesù. Amate Gesù come Lei lo ha amato, e servitelo nelle sembianze sofferenti dei poveri”.

 

Un ultimo pensiero – che credo sia già nelle tue intenzioni – : in questa Messa chiedi il dono di nuove vocazioni, in particolare per Roma. Forse ci sarà un giovane o un bambino, qui presente, che ora, vedendoti e ascoltandoti, ascolterà in realtà la voce di Dio, e scoprirà che è vero, è uno “spreco” darsi a Dio e all’umanità, ma non c’è “gratuità” più bella e sovrabbondante che si possa offrire nella vita: aiutare gli uomini a intravedere Dio già ora, fino al giorno in cui finalmente saremo simili a Lui e lo vedremo così come Egli è!

 
Don Fabrizio intervistato da RADIORAI Stampa E-mail

Qui l'intervista di don FABRIZIO domenica 16 giugno 2013, su Radiouno, nel programma "Tra cielo e terra" (10:30-12:15)

All'indirizzo seguente, invece, l'intervista da lui rilasciata al programma "Età Beta - Nuovi mestieri Nuovi linguaggi"

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Affaritaliani.it 29 Aprile 2013 Stampa E-mail

Il prete in rete sceglie la poesia. “Via da Fb,si perde il link con Dio”

L'INTERVISTA. Don internet, così è stato soprannominato dai fedeli padre Fabrizio Centofanti di San Carlo da Sezze, sceglie affaritaliani.it per raccontare la sua avvenuta di internauta della letteratura: “Tutto parte da un blog personale che diventa occasione di crescita e di dialogo tra persone in ricerca. Gesù dice ai discepoli di gettare la rete con fiducia: così ho fatto io, convinto che tra i ponti da lanciare verso l'altro quello del web non andasse assolutamente sottovalutato”. E sulla povertà... “Bisogna sporcarsi le mani, compromettersi, accettare che la vita è prima di tutto fare i conti col problema della sopravvivenza"

Lunedì, 29 aprile 2013 - 09:40:00

di Patrizio J. Macci

Un sacerdote laureato in lettere che dirige una parrocchia che è un fortino nella periferia romana, e appena ha uno spiraglio nelle sue giornate infinite di tempo rivolto al prossimo anima un blog dove si parla di libri e di cultura. Nel suo profilo di facebook ha una foto di presentazione "pasoliniana" in bianco e nero, con i capelli ribelli e lo sguardo altrove.
Sembra un ragazzo che ha appena terminato una partita di calcio in un campetto sterrato nella polverosa periferia romana, oppure il protagonista di un gangster movie con Tomas Milian alias "er Monnezza", dove lui è il poliziotto buono in prima linea che consuma le strade con le suole delle scarpe, sempre in prima linea contro il crimine. Si chiama Don Fabrizio Centofanti ed è il parroco di S. Carlo da Sezze. Tra il verde dei quartieri residenziali dell'Axa e Casal Palocco c'è una striscia di terra che trent'anni fa era ai confini della realtà, anzi hic sunt leones. Ora ci sono case, villette e palazzi. Il parroco era Don Mario Torregrossa passato alle cronache per l'attentato incendiario che lo sfigurò nel 1996. Don Fabrizio ha raccolto la sua eredità, ma appena può sfodera il suo iPad e anima il blog "la poesia e lo spirito" dove polemizza con scrittori, editori e addetti ai lavori. I fedeli lo chiamano "don Internet" oppure "Il prete con l'iPad". Abbiamo faticato non poco per farci ricevere, quando è in parrocchia c'è letteralmente la fila per parlare con lui.
Lei è autore ha scritto diversi volumi di argomento letterario, anima un blog dove discute con "normalisti" e scrittori. Ma che razza di prete è? Come fa a coniugare in ministero sacerdotale con la letteratura e la rete?
"L'incontro con la rete nasce dall'incrocio tra un desiderio intenso di comunicazione - il carisma del prete - e l'amore per la poesia. Tutto parte da un blog personale che diventa occasione di crescita e di dialogo tra persone in ricerca. Gesù dice ai discepoli di gettare la rete con fiducia: così ho fatto io, convinto che tra i ponti da lanciare verso l'altro quello del web non andasse assolutamente sottovalutato. Il vangelo di Giovanni parla del Logos che si dona: il modello cui mi sono ispirato è precisamente il dia-Logos, un passarsi l'un l'altro il filo del senso della vita, che può essere compreso solo nella condivisione. La mia vocazione scaturisce dall'intuizione che tutto ciò che avevo ricevuto avrei voluto trasmetterlo a mia volta: questa è stata, per me, la chiamata, il link al Regno dei cieli".

don fabrizio centofanti

Ci parla del suo blog "La poesia e lo spirito"?
"La poesia e lo spirito, la bellezza si manifesta solo nella profondità e nell'intensità dei rapporti. All'inizio mi dicevano che quel titolo non avrebbe avuto mai successo, e invece è diventato un brand che ricorda ogni volta la verità della scrittura, che deve attingere a una qualità presente solo nel profondo. Da blog personale, Lpels si è trasformato in blog collettivo - trentacinque redattori -, un gruppo eterogeneo per idee e visioni del mondo, a dimostrare che la verità emerge solo da una pluralità di sguardo, cioè da un'attitudine comunitaria. Molti blog sono segnati da una rigida impostazione ideologica: nel nostro si respira un'aria ecumenica che arricchisce ogni intervento e ogni contributo. I collaboratori sono esperti di letteratura referenziati, i numeri cominciano a essere assai interessanti. Gli accessi sono in ascesa continua".
Qual è il suo rapporto con internet?
"Per quanto riguarda il mio rapporto attuale con la rete, ho messo in atto un drastico sfrondamento di presenze. Prima ero attivo sui più importanti social network; poi mi sono reso conto che questo eccesso toglieva troppo tempo alla preghiera e alle relazioni dal vivo. Se si perde il link con Dio, tutti gli altri risultano fasulli".
La parrocchia dove opera S. Carlo da Sezze è nel quadrante sud ovest di Roma, tra l'Axa ed Acilia. Come sta vivendo la periferia questo momento di crisi economica? Abbiamo visto parecchie persone che "fanno la fila" per essere ricevuti nella vostra struttura. Cosa chiedono?
"A proposito di vita vissuta, come prete di periferia assisto al dramma di famiglie falcidiate economicamente dalla crisi. Noi cerchiamo di aiutare in tutti i modi possibili: le parole, di fronte a chi rimane senza cena, servono a poco. Bisogna sporcarsi le mani, compromettersi, accettare che la vita è prima di tutto fare i conti col problema della sopravvivenza. Solo dopo aver risolto i bisogni elementari si può lanciare un messaggio verbale, che dia un senso a un livello più alto. Quando Gesù dichiara beati i poveri, lo fa pensando a una comunità che si prende cura di loro. Fare rete, in questo senso, ha un significato impegnativo ed esaltante nello stesso tempo".

Lei ha raccolto l'eredità di un sacerdote che è già un mito: Don Mario Torreggrossa vittima di un attentato incendiario nel 1996 che lo sfigurò condannandolo a un'esistenza in tutto e per tutto uguale a una via crucis. Quale eredità le ha lasciato?
"Don Mario ci ha lasciato, in questa linea, un'eredità enorme, che abbiamo il dovere e il privilegio di portare avanti. I suoi campi di battaglia sono stati la promozione dei poveri e la crescita dei giovani. Ha lasciato una scia di santità che ancora e sempre più dá frutti di comunione e solidarietà. Ci ha lasciato, insomma, uno spirito che io provo a trasmettere anche sotto forma di poesia.

Perché, come ha intuito Dostoevskij, la bellezza può rovesciare il mondo: è il sottotitolo del blog e un programma che attira e trascina chi crede che nel mondo ci sia ancora spazio per il buono. Il bello e il vero".

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Il Faro on line - 04/05/2013- Acilia riabbraccia Don Mario Torregrossa Stampa E-mail
Acilia riabbraccia Don Mario Torregrossa
Una folla commossa ha assistito alla tumulazione del prete del perdono nella chiesa di San Carlo da Sezze

Il Faro on line - Don Mario Torregrossa nacque a Messina il 5 maggio del 1944, ma per uno strano caso del destino, o per precisa volontà divina, si ritrovò ad essere audace condottiero di una delle tante parrocchie della sterminata, ed inquieta, periferia romana: San Carlo da Sezze ad Acilia. Don Mario Torregrossa, donma per gli amici, era un prete di frontiera uno di quelli, che non si risparmiano mai. Da sempre al fianco dei poveri e degli oppressi, fu antesignano di un'intera comunità spirituale e cittadina. La stessa che gli si strinse attorno, quando un infausto giorno, il 24 novembre 1996, rimase vittima di un vile attentato incendiario, proprio in quella "sua" tanto amata casa del Signore in cui si raccoglieva, tutte le mattine, in preghiera. Un attentato cui sopravvisse, qualcuno disse miracolosamente, e che minò, forse, definitivamente il suo, già precario, stato di salute. Da allora si sottopose ad interventi chirurgici per la ricostruzione di intere parti del corpo. Ma non mollò Don Mario, e costretto all'immobilità, dopo un anno di passione, decise di continuare ad esercitare il suo ministero e affrontare il processo che vedeva imputato il suo carnefice. E si dimostrò da subito incline al perdono e alla verità, valori per lui imprescendibili. Resistette, per ben dodici anni, al timone della comunità parrocchiale. Il giorno 30 dicembre 2008 si spense lasciando la chiesa di San Carlo, nata sotto suo impulso nel 1987, e il centro giovanile "Madonna di Loreto" creato per sua volontà nel 1993, e luogo protagonista di tante iniziative encomiabili, nelle mani del suo fidato e giovane vice parroco, Don Fabrizio Centofanti. Da ormai quasi 5 anni, dal giorno della sua tumulazione al cimitero "Verano" di Roma, i fedeli chiedevano il rientro delle spoglie di Don Mario nella sua chiesa. Desiderio avveratosi soltanto ieri.

Don Mario fa ritorno a casa in una mattina di maggio. Tra due giorni avrebbe compiuto 69 anni. Una folla di fedeli e  amici, circa centotrenta persone, lo attendono trepidanti. Alcuni non ci credono ancora: "Sono anni che aspettavamo il ritorno, finchè non vedrò il feretro con i miei occhi non ci crederò", commenta Marisa volontaria storica della parrocchia, "credici tra poco arriverà e il nostro sogno sarà avverato", le ribatte prontamente Annalisa Ciarcelluti. Lei è un architetto, indefessa catechista del centro giovanile "Madonna di Loreto", ha seguito l'iter per permettere la tumulazione, all'interno della chiesa di San Carlo, di Don Mario. "Un processo impervio - spiega visibilmente commossa - seguito da me fin dall'inizio, ma ci siamo riusciti. Questo riconoscimento lo si riserva solo a personalità illuminate e lui lo era". L'orologio, intanto, segna le ore dieci. Una macchina si avvicina al colonnato dinnanzi la parrocchia, "E' Don Mario, è Don Mario!", esclamano felici i fedeli. Ora anche Marisa è convinta: Mario Torregrossa è di nuovo a casa. Il feretro fa il suo ingresso nel sagrato alle ore dieci e venti. Tutti, visibilmente commossi, riabbracciano, idealmente, il loro amico sacerdote. Il sacerdote del perdono e della speranza, come lo definisce all'inizio della celebrazione della messa Don Fabrizio Centofanti. "Hai portato a compimento la tua esistenza tra minacce e mille insidie - afferma rivolgendosi verso la bara posta davanti l'altare - eri un uomo che sapeva amare. Hai sempre aiutato tutti compreso me. Ciao Mario!". Tra la folla si poteva scorgere un emozionato Cristiano Rasi, candidato per il centrodestra alla presidenza del municipio decimo. Con lui, Emiliano Boschetto,consigliere uscente del Pd in Municipio, e presidente del C.i.a.o onlus associazione che opera all'interno del Centro Giovanile parrocchiale, con la  Scuola d'Italiano per stranieri. "Sono cresciuto con donma - dice Boschetto - Un uomo controtendenza sempre al fianco di tutti i diseredati. Un uomo che ha scoperto la sua vocazione durante gli studi di legge, già da adulto, mosso da vivi sentimenti di solidarietà e compassione verso il prossimo". La messa, nel frattempo, è finita. Don Mario ora resterà legato indissolubilmente alla sua amata chiesa. Siamo sicuri che in molti, d'ora in poi, si recheranno lì a destra del portone d'entrata, sotto il grande crocefisso, per parlare con il loro confidente Don Mario.

Vincenzo Galvani

 
Romasette.it - 26/01/2011 - PAROLE E MUSICA PER L'INTEGRAZIONE Stampa E-mail

Al Centro di Formazione Giovanile Madonna di Loreto, fondato da don Mario Torregrossa, una festa per presentare le attività della Scuola di italiano per stranieri Effathà e di Ciao onlus

 

di Chiara Comerci

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