Vincere - 04/04 - Il coraggio di perdonare Stampa
Valutazione attuale: / 0
ScarsoOttimo 
Mercoledì 14 Aprile 2004 00:00
Mi è capitato di rileggere il numero di Zeus del 1996, rivista del quartiere in cui vivo, che riportava la notizia dell'attentato a Don Mario Torregrossa, il parroco con cui ho passato forse gli anni più importanti per la mia formazione. C'è un articolo di Paolo Migani, uno "storico" della Chiesa di San Carlo da Sezze (Acilia, Roma).

"24 novembre 1996…mattina...domenica. Squilla il telefono:...un pazzo è entrato in chiesa e ha dato fuoco a Domma... Il silenzio, lo sgomento, la corsa al S. Eugenio. E’ una mummia insanguinata dietro a un vetro. Lui non se lo ricorda, ma ci ha chiesto di metterci in cerchio e di recitare un Padre Nostro, dopodiché ci ha benedetti. Nonostante tutto pensava ancora a noi. Come può un amore così vasto non farci sperare nel miracolo? E il miracolo c’è stato. (...) 13 settembre 1997, eccolo di nuovo fra noi, fra i ragazzi del “Centro di Formazione Giovanile Madonna di Loreto - Casa della Pace”, Centro per il quale ha speso una vita, ragazzi per i quali darebbe la vita. È vero, sta su una sedia a rotelle, ha la faccia piena di pomata cicatrizzante, è dimagrito 2000 chili, parla piano e piange ad ogni respiro di commozione, ma è qui, è tornato. Dio quanto abbiamo aspettato questo momento."

Le parole di Paolo mi convincono che forse, dopo tutto questo tempo, è arrivato il momento di andare a trovare Don Mario. E' da vigliacchi, lo so, ma non avevo mai trovato il coraggio di farlo. Mi faceva troppo male vederlo così sofferente, così diverso da come mi faceva più comodo ricordarlo. Sono passati 7 anni, e con immenso stupore (ma in fondo da lui me lo aspettavo...) ritrovo il Domma di una volta...o forse più forte... "Ho quasi 60 anni, e dopo i 50 mi sono trovato in questa condizione. Allora fu una notizia che fece il giro del mondo, e me ne sono accorto a San Pietro, quando mi si sono avvicinati preti di tutte le nazionalità. Mi conoscevano tutti. Quando sono tornato in parrocchia ho avuto difficoltà ad entrare, per quanta gente si era radunata." Ha un filo di voce, il nostro Parroco, ma è imponente come lo ricordavo, anche dalla sua piccola carrozzina elettrica. "La mia vita è cambiata solo fisicamente. Tutta la parrocchia si è attrezzata, posso arrivare ovunque. Vivo senza pensare alla mia condizione, spesso me ne scordo. Non sono abituato a pensarmi seduto, prendo troppi impegni. Chi mi sta accanto spesso mi sgida, deve ricordarmi di riposare. Quando arrivano le crisi di diabete, di cui ho sempre sofferto devono portarmi di forza a letto. E' l'unica cura che mi serva a qualcosa. I medici non se lo sanno spiegare, ma è vero." Mi rendo conto, guardandolo e ascoltandolo, della sua fragilità fisica e della sua grandezza spirituale. Continuano ad entrare giovani e meno giovani, per un saluto o per una chiacchierata. E' ancora il punto di riferimento per tutti. "Non ho neanche una parte del corpo che non sia stata danneggiata. Tu hai sette strati di pelle. Io ne ho uno, quasi due in alcuni punti. Se mi si tocca con troppa forza, se mi si abbraccia o bacia con particolare affetto, soffro. C'è voluto un anno di fisioterapia intensiva per tornare a stare seduto, ormai ero abituato a stare sdraiato. Al S.Lucia sono stati eccezionali." Ormai la gente sa di trovarlo ogni giorno in Chiesa, e si preoccupa se non lo vede. "Se molli tu, molliamo tutti..." gli dicevano anche in ospedale, ed era una responsabilità troppo grande...Quando entrano, il gesto successivo al segno della croce, è girarsi verso l'angolo dove sanno di trovarlo. Il colpevole di tutto ciò, un geometra ventottenne, esce proprio in questo periodo da Rebibbia. "Spero di non vederlo, ne avrei paura. L'ho incontrato solo in tribunale, dove l'ho perdonato. Questa cosa lo ha turbato molto..." Chiedo a Domma se è riuscito a dare un senso a ciò che gli è accaduto e alla sua nuova condizione. "Quando succedono cose del genere, e ne esci vivo, hanno un grande significato. Da quando sono tornato, dalla mattina alla sera passo il mio tempo confessando. Questo è stato il cambiamento più clamoroso, più tangibile. E sai perché? Perché io ho perdonato..."

(di Laura Cattaneo)