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Sono passati sei mesi – a fine giugno – dalla morte di Domma. Ognuno ha vissuto a modo suo questo evento drammatico. La percezione generale è che lui sia ben presente con lo spirito. Piccoli e grandi segni, interpretabili a piacimento, vengono narrati per testimoniare di una presenza che non potrà venire meno: troppo ha dato don Mario a questa comunità; ogni punto di questo spazio reca una traccia indelebile del suo passaggio. Personalmente, sento una grande responsabilità, che potrebbe facilmente trasformarsi in nevrosi: come faccio a essere all’altezza di un uomo simile? Ma poi subentra un senso di affidamento, di fiducia nel fatto che quello che mi ha dato – e che ha dato a tutti noi – forse solo ora comincia a portare frutto veramente. Ogni pensiero, ogni gesto, ogni progetto viene naturalmente a confrontarsi con l’esperienza fatta con lui: come si sarebbe comportato Domma, che scelta avrebbe compiuto? La sua eredità già mette radici, informa di sé le ragioni e i sentimenti di una comunità cui il suo amore di padre ha dato un’impronta decisiva. Non è possibile guardare in faccia un povero senza pensare subito a quanto l’avrebbe amato lui; né è possibile incontrare un giovane e far finta di dimenticare l’ansia del sacerdote per la crescita, la soluzione dei problemi, la liberazione delle energie. La mia stanza è piena di foto: ce n’è una che campeggia di fronte alla scrivania, perché i nostri sguardi si possano incrociare ogni momento. A volte lo rimprovero per avermi lasciato da solo, quando sento addosso una stanchezza mortale; a volte gli chiedo di aiutarmi, di farmi avere l’ispirazione giusta, di tirarmi fuori da una situazione impossibile; ma il più delle volte lo guardo e lo sento con me, come prima, col suo sorriso dolce e commosso, con la sua attenzione che ho avvertito unica al mondo. Ecco se dovessi sintetizzare in un solo pensiero il mio rapporto con don Mario, potrei dire questo: non ho mai incontrato una persona come lui. E’ uno di quei doni che piovono dall’alto e che non sai spiegare. Perché proprio a me? E se non lo avessi incontrato, che ne sarebbe stato della mia esistenza? Ma Domma è stato in mezzo a noi, è stato con noi: la nostra vita ha un senso, un fine, siamo stati toccati da quello che si chiama, con una parola spesso un po’ abusata, felicità. E non la perderemo più.

don Fabrizio